L’ampio dibattito sviluppatosi negli ultimi giorni sulle misure in materia di Università e Ricerca contenute nel DdL Stabilità 2016 ci offre l’occasione per riproporre i dati della V Indagine annuale ADI, sezione tematica “Reclutamento”.
Presentazione “Il reclutamento di assegnisti, ricercatori a tempo determinato di tipo a e b”
Le elaborazioni ADI su dati ricavati dal sito bandi.miur.it evidenziano sperequazioni a livello territoriale e una forte concentrazione della capacità di reclutamento in pochi poli a livello nazionale.
Nel 2014, infatti:
- il 49,1% dei bandi per assegni di ricerca è stato emanato nelle regioni settentrionali, il 36,5% al Centro e il 14,4% nel Mezzogiorno e nelle Isole;
- le prime 10 università per reclutamento di nuovi RTDa detengono da sole il 54% dell’intero contingente nazionale di posizioni del 2014
- le prime 8 università per reclutamento di nuovi RTDb detengono da sole il 51% dell’intero contingente nazionale di posizioni del 2014.
Nel 2010 l’allora Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Mariastella Gelmini aveva presentato la legge 240/2010 come “[…] una riforma che per la prima volta spalanca porte e finestre dell’Università ai giovani, ai giovani ricercatori, ai giovani studiosi.”.
Nei quasi 5 anni dall’entrata in vigore della legge il tasso di reclutamento annuo dei ricercatori a tempo determinato è stato abbondantemente inferiore al tasso di reclutamento annuo medio dei ricercatori a tempo indeterminato precedente alla legge 133/2008 – che dà il via alla lunga stagione di tagli lineari e blocco del turn over:
136 RTD (2011) – 988 (2012) – 908 (2013) – 753 (2014) vs 1.700 RTI (media annua pre L. 133/2008)
In base alle proiezioni ADI, mantenendo il tasso di reclutamento del 2014, dei 14.460 assegnisti attivi nel 2014:
- il 76,5% sarà espulso dal sistema universitario una volta terminati i 6 anni di contratto;
- il 15,4% uscirà dal mondo della ricerca dopo un contratto da RTDa;
- solo l’8,1% sarà reclutato come RTDb, con la conseguente possibilità di passare di ruolo.
I dati attestano il totale fallimento della legge 240/2010 e suoi drammatici effetti sulle prospettive dei giovani ricercatori.Questi sono soggetti a un duplice processo di precarizzazione e riduzione delle possibilità di stabilizzazione.
La «tenure track» all’italiana appare come un modo per scaricare gli effetti dei tagli lineari ai finanziamenti e del blocco del turn over sulla componente più debole della comunità accademica.
Pubblicato Dom, 25/10/2015 - 11:13