VII Indagine ADI su Dottorato e Post-Doc

Dal 2010 l’Indagine Annuale ADI su Dottorato e Post-Doc fotografa dello stato del dottorato e della carriera dei giovani ricercatori in Italia. Nel corso degli anni l’indagine si è arricchita di sezioni tematiche dedicate alla tassazione sul dottorato e al dottorato senza borsa, a un confronto con le varie realtà europee, alla rappresentanza dei ricercatori precari nelle università, alle opportunità di lavoro e carriera dei ricercatori precari, alla valorizzazione del dottorato di ricerca nella pubblica amministrazione, nell’impresa, nella scuola. Oggi l’Indagine Annuale ADI su Dottorato e Post-Doc rappresenta un fondamentale momento di focus e confronto sulle problematiche del dottorato e della ricerca precaria nel nostro paese.

La prima parte della VII Indagine ADI su Dottorato e Post-Doc è stata presentata il 5 dicembre 2017 alla "Sala Caduti di Nassirya" del Senato della Repubblica.

Per la prima volta dopo molti anni, i posti di dottorato banditi in Italia registrano un aumento. Nel 2017 si torna ai livelli del 2014, con 9250 posti a bando, +5.5% rispetto al 2016. In dieci anni si registra comunque una calo di posti a bando pari a 6483 posti (-41.2%). L'offera dottorale registra un'alta concetrazione territoriale, con 10 atenei (di cui 8 del Nord) che garantiscono il 42% dei posti a bando. Persiste inoltre un sistema di “compressione selettiva”, in continuità con quanto denunciato da ADI nelle scorse indagini nazionali: il 49% dei posti è bandito dagli atenei del Nord, il 29% del Centro, il 21% del Sud. L’aumento dei posti di dottorato, dunque, non riequilibra le diseguaglianze fra nord, centro e sud. Vi è però un'altra buona notizia: diminuiscono infatti i posti di dottorato senza borsa, che passano dal 23.8% del 2016 al 17.7%. Si tratta del livello più basso di senza borsa dall’inizio delle rilevazioni di ADI.

Per quanto riguarda la tassazione sul dottorato, per la prima volta la rilevazione si concentra sui soli dottorandi titolari di borsa di studio. Grazie agli sforzi di ADI, infatti, i dottorandi senza borsa sono esentati dall'inizio del 2017 dalla tassazione. Quest'anno risulta in numero degli atenei statali che prevedono la tassazione per i dottorandi con borsa, dai 19 del 2016 a 21. 12 di essi non prevedono alcuna fasciazione della tassazione in base al reddito. L’importo medio della tassazione è di poco superiore ai 600 €, ma si registrano forti variazioni tra i diversi atenei. Si va da un minimo di 100 € all’Università di Udine ai 2.230,58 € per l’Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria.

Per quanto riguarda il post-doc, resta stabile il numero degli assegnisti di ricerca nell’università (poco più di 13.000). La concentrazione territoriale è elevata e segue solo in parte la dimensione degli atenei per personale e studenti. Il 58% degli assegnisti è al Nord , il 26% al centro, e il 20% al sud. Le prime 10 università per numero di assegnisti, inoltre, rappresentano il 48% del totale. Nessuno di questi atenei appartiene a regioni del Sud Italia. La distribuzione territoriale degli RTDa ed RTDb è molto simile a quella degli assegnisti. Tra le prime 10 università vi sono solo due grandi atenei del centro-sud: “La Sapienza” e Federico II. Lombardia e Lazio risultano in testa alla classifica regionale per numerosità di RTD. È importante notare che nell’anno in corso il saldo complessivo del personale docente è negativo per 922 unità. Il piano straordinario RTDb si è dunque rivelato insufficiente persino allo scopo di tamponare i pensionamenti. L’area più colpita dal calo di personale di ricerca è quella medica, mentre l’area di ingegneria industriale, è l’unica in grado di mantenere un rapporto paritario tra pensionamenti e ingressi.

Quest'anno l'indagine si arricchisce di una sezione dedicata alla rappresentanza dei dottorandi e dei precari della ricerca. ADI registra una situazione estremamente disomogenea a livello nazionale.

La rappresentanza dei dottorandi è accorpata il più delle volte a quella degli studenti, determinando una inevitabile penalizzazione. Contrariamente a quanto stabilito dalle norme ministeriali, i dottorandi non sono rappresentanti nei consigli di corso di dottorato del 52% degli atenei italiani. Gli assegnisti di ricerca sono la categoria più penalizzata in termini di rappresentanza: solo nell’8% dei casi godono di una rappresentanza nei senati accademici. Anche i ricercatori a tempo determinato sono scarsamente rappresentati nelle strutture decisionali degli atenei. Nel 70% dei casi non hanno rappresentanti nei CdA e nel 53% non ne hanno nei senati accademici. In molti casi non viene loro garantita la possibilità di eleggere il rettore. L’assenza dei diritti di rappresentanza, dunque, penalizza proprio le categorie universitarie più vulnerabili e precarie.

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