Dalla Legge di Bilancio un’Università più precaria

Dalla Legge di Bilancio un’Università più precaria

Legge di bilancio | Università | Il combinato disposto delle norme previste nella Legge di Bilancio 2019 lega il reclutamento di docenti e ricercatori universitari al filo sottile dell’andamento del ciclo economico e delle valutazioni dei tecnici di Bruxelles e rischia di incrementare ulteriormente la percentuale di precari nell’Università italiana.

 

La Legge di Bilancio 2019 prevede numerosi interventi per l’Università italiana e, tra questi, diversi provvedimenti sul reclutamento che finiranno per incidere negativamente sulla qualità dell’occupazione nel settore accademico.

La norma sul blocco delle assunzioni introdotta nella Legge di Bilancio in seguito al confronto con la Commissione europea è particolarmente insidiosa (comma 399). La disposizione prevede il congelamento di una parte delle assunzioni a tempo indeterminato fino al 1° dicembre 2019 e può avere l’effetto di incrementare l’ingresso di nuovi precari necessari a sostituire il personale a tempo indeterminato che le università avrebbero potuto assumere per coprire il proprio fabbisogno. Nulla garantisce, inoltre, che questo genere di provvedimento non venga reiterato in futuro dinanzi a nuove pressioni esercitate da Bruxelles e dalle clausole di salvaguardia. Si tratta quindi di un precedente pericoloso che rischia di rendere ancora più forte il ricorso al precariato nelle università.

Lo stanziamento di 78 milioni per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato di tipo b (RTDb), di poco superiore ai 76 milioni previsti dalla Legge di Bilancio 2018, dovrebbe permettere l’ingresso di 1.500 ricercatori nei prossimi tre anni (comma 400). Il provvedimento è appena sufficiente a coprire i pensionamenti annuali e, soprattutto, viene in buona parte sterilizzato con la norma introdotta dopo l’ultimo passaggio al Senato con il comma 401 che limita la spesa a soli 40 milioni (10 nel 2019 e 30 dal 2020) mentre altri 10 milioni saranno utilizzati (dal 2020) per l’avanzamento di carriera dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di ASN. All’appello mancano quindi 30 milioni necessari a finanziare il cosiddetto Piano Straordinario per i ricercatori, sacrificati sull’altare delle clausole di salvaguardia mentre si finanziano invece Flat Tax e spese militari.

Sul fronte del reclutamento, infine, il comma 978 permette agli atenei con i conti in ordine di superare il blocco del turn-over e reclutare più personale rispetto ai pensionamenti negli anni 2019 e 2020. Il governo si è però limitato a ridefinire le autorizzazioni di spesa degli atenei per un totale di 25 milioni all’anno, senza prevedere specifiche risorse aggiuntive.

Il combinato disposto delle norme previste nella Legge di Bilancio 2019 lega il reclutamento di docenti e ricercatori universitari al filo sottile dell’andamento del ciclo economico e delle valutazioni dei tecnici di Bruxelles e rischia di incrementare ulteriormente la percentuale di precari nell’Università italiana.  

Il personale in servizio negli atenei italiani si divide già oggi fra ca. 63.000 precari e 50.000 docenti e ricercatori assunti stabilmente. Considerando circa 1.500 pensionamenti ogni anno, i provvedimenti sul reclutamento inseriti nella Legge di Bilancio non costituiscono una garanzia di cambiamento per il mondo dell’Università e, di questo passo, la quota di lavoratori precari nei nostri atenei raggiungerà rapidamente il 60%.

L’ADI ritiene inaccettabile che sempre più docenti e ricercatori siano costretti nelle maglie della precarietà da un sistema che continua a far cassa sulla loro professionalità e sui loro sogni, con inevitabili conseguenze in termini di discontinuità della didattica e della ricerca per milioni di studenti. Per queste ragioni ci appelliamo alle forze politiche in Parlamento affinché accolgano le proposte che l’ADI ha elaborato attraverso la piattaforma Ricercatori Determinati: finanziamenti in linea con gli standard europei per consentire realmente le assunzioni necessarie e il superamento del precariato, programmazione del reclutamento ordinata e ciclica, stabilità per gli attuali precari e istituzione di un’unica figura di ricercatore a tempo determinato che sostituisca le attuali figure previste dalla legge 240/2010 e che arrivi almeno a dimezzare la durata complessiva del post-doc in Italia.