“In sei anni ho pagato più di 50.000 dollari di interessi sul mio debito da studente. Un programma progettato per aiutare i dipendenti a ripianare il debito mi ha costretto a una servitù a tempo indeterminato.”
“Avevo tre lavori – uno dei quali come ricercatore in ambito biomedico – ma dal punto di vista finanziario riuscivo appena a rimanere a galla a causa del mio debito studentesco. La morte di mia nonna mi ha salvato da una vita di debiti.”
“Le mie difficoltà con il debito contratto da studentessa hanno esacerbato i problemi con mio marito. Il peggiore litigio è stato quando ho scelto un supermercato leggermente più costoso per fare la spesa. Ha iniziato a picchiarmi. Poi mia madre mi ha salvato.”
Queste sono solo alcune delle testimonianze emerse nel corso di una recente inchiesta di "The Guardian" sul debito studentesco nei paesi anglosassoni. L'anno scorso "Il Sole 24 Ore" stimava in 1300 miliardi di dollari il debito studentesco negli USA e in più di 3000 al giorno il numero di "default", le tragedie personali di chi è costretto ad ammettere la propria incapacità di far fronte ad un debito troppo grande per essere ripagato.
Mentre negli USA ci si chiede se il debito studentesco rischi di essere una nuova "bolla" come quella dei subprime, in Italia c'è chi pensa che l'idea di far indebitare gli studenti per la propria istruzione non sia tanto male. Da ieri, infatti, il MIUR sta inoltrando a tutti gli studenti universitari italiani un questionario "per valutare l'opportunità di istituire uno strumento finanziario per erogare prestiti finalizzati all'accesso agli studi universitari".
Il questionario del MIUR nasconde in realtà la risposta negativa ad una domanda mai esplicitamente formulata agli studenti: l'istruzione è un bene di interesse pubblico? Solo rispondendo negativamente a questa domanda si può immaginare che prestiti e strumenti finanziari possano servire agli scopi dell'articolo 34 della Costituzione, secondo cui "i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi". Allo stesso articolo la Costituzione recita che "la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso"; evidentemente chi ha scritto queste parole non aveva in mente il profitto economico che si trae dall'istruzione, ma l'utilità di essa per l'intera società, che per questo deve farsene carico.
L'istruzione non è solo una misura di successo personale, ma rappresenta un valore per l'intero corpo sociale: una società composta da persone istruite è più viva, libera, democratica. Chi propone di finanziare l'istruzione attraverso mutui e prestiti ha un'idea di società completamente opposta alla nostra, dove scienza, ricerca e cultura sono esclusivamente mezzi per l'affermazione personale, e non per l'avanzamento dell'intera umanità.
Da vent'anni ADI è dalla parte di chi vuole contribuire con le proprie altissime competenze a migliorare la società ed il paese. Non possiamo accettare che la possibilità di sviluppare queste competenze venga ristretta, ingabbiata, svilita; che dietro alle valutazioni del MIUR si nasconda una chiara e precisa volontà politica.
Per questo aderiamo con convinzione al boicottaggio del questionario promosso da UDU e LINK, e chiediamo al MIUR di bloccare ogni misura tesa ad accreditare possibili strumenti finanziari per l'accesso all'istruzione. Ci opporremo con decisione ad ogni misura tesa a squalificare l'istruzione e a spostarne il peso su famiglie e singoli. L'istruzione è di tutti, per tutti. Tale deve restare.
Pubblicato Ven, 06/07/2018 - 11:12
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