Alla fine del 2010 negli atenei italiani insegnavano 56.000 docenti. A otto anni di distanza dall’approvazione della Legge Gelmini, l’organico delle università si è ridotto a 50.000 strutturati. Nel frattempo sono esplose le forme di lavoro atipiche e a tempo determinato: a 3.500 ricercatori di tipo A e 2.500 di tipo B si affiancano quasi 15.000 assegnisti di ricerca. Si tratta di personale necessario per garantire in tutti gli atenei il mantenimento di normali livelli di ricerca e didattica, e in alcuni contesti persino per lo svolgimento del lavoro amministrativo. A questi si aggiungono circa 19.000 persone che svolgono attività di docenza con contratti di supporto alla didattica, spesso a titolo gratuito.
La precarietà del lavoro di ricerca e didattica è dunque la norma in tutti gli atenei italiani.
Tutto questo è inaccettabile per il presente e il futuro dell’Università. I ricercatori precari svolgono stabilmente attività di ricerca e didattica e stabile deve essere il loro contratto di lavoro.
I ricercatori precari delle Università sono stati colpiti da un’ulteriore ingiustizia con l’esclusione dalla cosiddetta Legge Madia. Il provvedimento consentirà, tramite un meccanismo di cofinanziamento, la stabilizzazione di un consistente numero di precari in tutti i settori della pubblica amministrazione. Risulta paradossale la discriminazione dei ricercatori precari dell’università, figure analoghe a quelle che operano negli enti pubblici di ricerca, ma alle quali non si offre nessuna prospettiva di stabilizzazione o reclutamento.
Nelle ore in cui si sta definendo la Legge di Bilancio, assistiamo alla totale assenza di idee del Governo sull’Università, e su come affrontare la questione della precarietà nella ricerca, per valorizzare la professionalità e garantire un futuro a decine di migliaia di lavoratori precari.
Per far ripartire il motore dell’innovazione e dare un futuro al nostro paese è essenziale che il Governo stanzi nella Legge di Bilancio le risorse necessarie ad avviare un piano straordinario di reclutamento dei ricercatori e dei docenti precari dell’Università, e a realizzare una riforma del pre-ruolo che semplifichi la giungla dei contratti precari, mettendo fine allo sfruttamento di assegnisti, borsisti, docenti a contratto, ricercatori a tempo determinato e dottorandi.
Facciamo appello a tutti i ricercatori e docenti precari, ai coordinamenti spontanei nati in questi anni e in questi ultimi mesi per riprendere il cammino, moltiplicando in questi giorni i momenti di confronto collettivo. Per questo offriamo alla discussione pubblica una piattaforma organica per un piano di reclutamento e di riforma del pre-ruolo, oggi più che mai necessario per garantire la sopravvivenza del sistema universitario e dare una prospettiva a chi ci lavora.
Per dare voce a queste istanze, ci incontreremo in un’Assemblea Nazionale il 17 novembre a Roma, durante la quale condivideremo contributi dalle singole realtà degli atenei e ci confronteremo direttamente con le rappresentanze del MIUR, delle Commissioni competenti e del Parlamento.
Costruiamo insieme un’Assemblea Nazionale di tutto il mondo universitario, che si ponga come obiettivo quello di superare il precariato nelle Università e che dia vita ad una mobilitazione diffusa e condivisa.
Siamo ricercatori e ricercatrici determinati a riconquistare un futuro per noi e per l’Università pubblica in Italia.
Pubblicato Mar, 16/10/2018 - 10:27
- Accedi o registrati per inserire commenti.