Dottorato: cosa c'è e cosa No nelle Linee Guida 2019

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Dottorato | Con la conclusione del primo quinquennio di attuazione del DM 45/2013, il 1 febbraio 2019 il MIUR, sentito l’ANVUR, ha emanato le nuove “Linee guida per l’accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato”, con l’obiettivo di aggiornare e semplificare la procedura di accreditamento dei corsi di dottorato da parte degli Atenei.

 

Dottorato e Collegio dei docenti

Analizzando le Linee guida Dottorato 2019, emerge che le differenze più corpose rispetto alle precedenti Linee guida Dottorato 2017 sono relative alla qualificazione del Collegio dei docenti (Requisito A4), mentre non si rileva nulla di veramente nuovo per i dottorandi.

Nel dettaglio, per avere il semaforo verde e poter partecipare al Collegio dei docenti, i professori dovranno soddisfare congiuntamente due condizioni: aver pubblicato almeno tre prodotti negli ultimi cinque anni su riviste “Scopus” o “Web of Science”; aver superato specifici indicatori o soglie relativi all’Abilitazione Scientifica Nazionale (la cosiddetta ASN). Questo potrebbe significare per i ricercatori a tempo determinato, ovvero coloro a inizio carriera, essere tagliati fuori dal Collegio dei docenti perché ancora acerbi nell’aver raggiunto tali requisiti. Tuttavia, la partecipazione stessa al Collegio dei docenti e’ uno dei criteri che permetterebbe di ottenere un titolo utile ai fini dell’ASN per la prosecuzione della carriera accademica. Inoltre, se mettiamo a sistema questa criticità con il limite imposto sulla presenza dei ricercatori all'interno del Collegio docenti (fissato al 25%), si potrebbe pregiudicare la composizione stessa del Collegio (Requisito A3) e, dunque, l’accreditamento del Corso di Dottorato.

 

Fondi e borse di studio per dottorandi

Per quanto riguarda il dottorato, non cambiano le indicazioni relative ai fondi impiegati. Il numero minimo di borse di studio concesse non aumenterà (resta scoperto al massimo il 25% dei posti disponibili), perpetuando la discriminazione tra chi svolge un dottorato con borsa e chi svolge un dottorato senza borsa. Se da un lato, infatti, il DM 45/2013 e le successive Linee guida del 2014 e 2017 hanno portato a una diminuzione dell’incidenza dei dottorandi senza borsa sul totale dei posti messi a bando, il problema resta irrisolto, rappresentando un deterrente per l’iscrizione ai corsi di dottorato. Tutto questo si innesta in un quadro che già vede il nostro Paese agli ultimi posti in Europa nel rapporto tra dottorandi e popolazione complessiva (fonte VII Indagine ADI, 2017). Altro aspetto contraddittorio è relativo al Requisito A5 e, nella fattispecie, alle possibili altre modalità di finanziamento equivalenti del corso di dottorato. Tra le alternative compare, infatti l’assegno di ricerca. Tenuto conto del limite di sei anni previsto per gli assegni di ricerca, al fine di poter partecipare successivamente ai concorsi per le posizioni di ricercatore a tempo determinato, questo potrebbe significare bruciarsi già il 50% delle opportunità per proseguire nella carriera accademica, in fase di conseguimento del titolo di dottore di ricerca.

La mancata copertura per i senza borsa è confermata anche nello stanziamento del budget aggiuntivo, pari al 50% dell’importo della borsa, per i periodi trascorsi all’estero. Anche su questo punto l’ADI esprime forte dissenso. In particolare, reputiamo che la già grave differenza tra dottorandi con e senza borsa non possa essere estesa anche a tale sostegno volto ad agevolare economicamente le attività di ricerca all’estero. Questo, difatti, è un importo aggiuntivo (e non moltiplicativo!) che, seppure corrisponde quantitativamente al 50% della borsa, deve essere garantito indifferenziatamente e indiscriminatamente a tutti i dottorandi.  Questa istanza è stata manifestata in CNSU, in seguito ad una mozione presentata dal Rappresentante dei dottorandi eletto tra le fila dell’ADI, tesa proprio a favorire l’accesso di tutti i dottorandi di ricerca a una formazione internazionale e che, ad oggi, risulta inascoltata dal Ministero.

Nulla è specificato neanche rispetto ai criteri di distribuzione del cosiddetto Budget 10% che spetta ad ogni dottorando per le proprie attività di ricerca: un’omissione che continua a provocare disparità di trattamento persino tra i dottorandi afferenti a diversi dipartimenti dello stesso ateneo, poichè ogni dipartimento gestisce arbitrariamente modalità, tempi e ambiti di applicazione dei fondi previsti.

Sul piano della compatibilità tra dottorato e lavoro restano le conquiste dell'ADI per quel che riguarda la tutela dei dottorandi senza borsa, ma non è previsto nulla per permettere ai dottorandi con borsa di svolgere attività lavorative non direttamente connesse al progetto di ricerca. Si tratta di una possibilità che riteniamo necessario concedere sia per motivi curriculari e sia perchè spesso l'attuale importo della borsa non è sufficiente al sostentamento dei dottorandi.

 

Dottorato innovativo

Rileviamo, ancora, l’ampliamento dell’offerta del dottorato innovativo nelle sezioni Internazionale, Intersettoriale e Interdisciplinare. Anche se l’ADI, nella campagna di Valorizzazione del Dottorato nel mondo delle Imprese, ha proposto di inserire durante il dottorato di ricerca corsi che favoriscano la conoscenza del mondo del lavoro extra-accademico, la nostra preoccupazione è la degenerazione dello strumento del dottorato innovativo da parte delle aziende, che potrebbe portare a un vero e proprio sfruttamento del capitale umano altamente qualificato, con una retribuzione di poco più di 1000 Euro al mese, a carico dello Stato e senza alcuna garanzia di assunzione alla fine del percorso dottorale. Permane inoltre il vincolo di restituzione della borsa in caso di cessazione del dottorato prima del periodo previsto dei 36 mesi. Si tratta di una previsione estremamente penalizzante per il dottorando per due ragioni. Innanzitutto, perchè sarebbero restituite le rate della borsa di studio percepite durante il periodo in cui si è effettivamente lavorato e sostenuto tutte le spese di vitto, alloggio e trasporti necessarie a svolgere il dottorato e vivere. Inoltre, in un asfissiante meccanismo di controllo punitivo, la restituzione della borsa è legata a un numero elevato di casi che possono avere anche poco a che fare con l’impegno e la volontà del dottorando: oltre alla valutazione annuale negativa da parte del Collegio dei docenti, la borsa può essere revocata anche se il dottorando non effettua nelle tempistiche e per la durata previste, il periodo di ricerca all'estero e le attività in azienda, oltre che per ritardi nella trasmissione di tutte le periodiche documentazioni di reporting.

Altra problematica relativa al potenziamento del dottorato innovativo riguarda la penalizzazione dei settori umanistici e sociali, così come della ricerca di base che, insieme alla concentrazione delle risorse nelle aree più competitive del Paese dal punto di vista economico, potrà favorire la frattura dell'offerta dottorale italiana.

 

La proposta ADI sul Dottorato

Per far fronte alle criticità finora evidenziate e rimaste irrisolte, nonostante il susseguirsi delle Linee guida, l’ADI ha proposto una riforma giuridica del dottorato di ricerca in Italia, secondo cui - seguendo anche l’esempio virtuoso di alcune realtà del Nord Europa - il dottorato verrebbe inquadrato come un’attività di formazione-lavoro. La nostra proposta avrebbe l’effetto di riconoscere molti diritti oggi negati ai dottorandi e risolverebbe finalmente le tante contraddizioni del sistema italiano finora esposte. È dunque giunto il momento di dare corpo alla riforma complessiva del DM 45 proposta dall’ADI, che per capisaldi prevede: stop al dottorato senza borsa, reintroduzione della possibilità di proroga nella consegna della tesi, abolizione della tassazione sui dottorandi borsisti, aggancio della borsa al minimale contributivo INPS e aumento della borsa di studio in linea con gli altri Paesi europei.

 

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