Come previsto dai giuristi dell'ADI, la sentenza 130/2019 della Corte costituzionale non riconosce l'equipollenza tra dottorato e abilitazione all'insegnamento. La battaglia sulla valorizzazione del dottorato si sposta dunque definitivamente dai tribunali al piano politico e culturale.
Il 28 maggio è stata pubblicata la sentenza 130/2019 della Corte costituzionale sulla legittimità del concorso straordinario 2018 riservato agli abilitati della scuola secondaria e dell’esclusione dei dottori di ricerca privi di abilitazione dalla partecipazione ad esso. Come già anticipato, tra i partecipanti dell’udienza del 7 maggio era presente anche l’ADI, difesa dall’Avv. Emilio Robotti del foro di Genova.
Viceversa, già in passato, in base all’art. 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 (Regolamento concernente: «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244»), così come ora, ai sensi degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 59 del 2017, i percorsi abilitanti sono finalizzati all’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
In considerazione della finalità della procedura concorsuale, volta a selezionare le migliori e più adeguate capacità rispetto all’insegnamento, ciò che rileva è l’avere svolto un’attività di formazione orientata alla funzione docente, che abbia come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti. Tale funzione esige la capacità di trasmettere conoscenze attraverso il continuo contatto con gli allievi, anche sulla base di specifiche competenze psico-pedagogiche. È in vista dell’assunzione di tali rilevantissime responsabilità, affidate dall’ordinamento ai docenti della scuola secondaria, che le attività formative indicate costituiscono un fondamento “ontologicamente diverso”, rispetto a quello che caratterizza il percorso e il fine del titolo di dottorato”.
Quest’ultima parte mette in rilievo l’importanza della formazione del docente rispetto ai discenti e non può mai essere ridimensionata dal possesso di altri titoli che non consentono a priori l’acquisizione di fondamentali competenze pedagogiche.
"In riferimento alle questioni sollevate in via principale, l’interveniente sottolinea di avere da tempo denunciato l’irragionevolezza del sistema d’individuazione della platea dei partecipanti al concorso, in particolare per l’omessa previsione dei dottori di ricerca, la quale si porrebbe in contrasto con gli artt. 51 e 97 Cost. 5.3.– Quanto alla questione subordinata, l’ADI denuncia l’irragionevolezza delle disposizioni censurate, le quali si porrebbero in contrasto con gli stessi fini perseguiti dal legislatore, ossia la garanzia dell’accesso all’insegnamento di soggetti in possesso dei titoli e delle capacità necessarie alla formazione degli studenti. Sarebbe, infatti, irragionevole l’esclusione dei titolari di dottorato di ricerca, che garantisce l’abilitazione all’insegnamento nei più alti gradi d’istruzione. Inoltre, questo modello di accesso al concorso produrrebbe risultati manifestamente contraddittori e talora paradossali. Si evidenzia, al riguardo, che le procedure di abilitazione svolte presso le Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario e dal Tirocinio formativo attivo prevedevano, tra le attività necessarie al conseguimento dell’abilitazione, la frequenza ad alcuni insegnamenti di didattica disciplinare. Per la mancanza di personale strutturato, questi corsi sarebbero stati spesso assegnati ai dottori di ricerca, anche non abilitati all’insegnamento. Da una parte, quindi, viene riconosciuta la qualificazione del dottore di ricerca come adeguata all’insegnamento nei corsi abilitanti e, dall’altra parte, la stessa non è ritenuta sufficiente per l’ammissione al concorso. La preclusione prevista dalle disposizioni censurate produrrebbe un effetto ingiustamente afflittivo per i dottori di ricerca, nonché un potenziale pregiudizio per l’intero sistema educativo nazionale, attesa la perdita di personale d’alta formazione per lo svolgimento dell’attività di insegnamento, in violazione anche all’art. 34 Cost., che impone la valorizzazione dei titoli accademici superiori".
L’esito di questa sentenza sposta definitivamente la battaglia sulla valorizzazione del dottorato dai tribunali al piano politico e culturale e non lascia più spazio a illusorie concessioni dalla giustizia amministrativa.
Guarda il video dell'intervento dell'Avv. Emilio Robotti
Leggi le proposte dell'ADI per valorizzare il dottorato nel mondo della scuola
Pubblicato Mar, 04/06/2019 - 21:21
- Accedi o registrati per inserire commenti.