Gli assegni di ricerca concorrono alla maturazione del requisito alle tre annualità di contratto necessarie per accedere alla stabilizzazione nel pubblico impiego. È quanto affermano i giudici del TAR del Lazio che si sono pronunciati, in seguito alla denuncia di un ricercatore dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare, in merito all’interpretazione dell'articolo 20 del D.Lgs. 75/2017 attuativo della riforma Madia.
A dare notizia della sentenza è Scuola24. L’articolo ricorda che la circolare del Ministero della Semplificazione e la Pubblica amministrazione del 23 novembre 2017 numero 3/17 specifica proprio che «l'ampio riferimento alle varie tipologie di contratti di lavoro flessibile, di cui all'articolo 20, comma 2, può ricomprendere i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e anche i contratti degli assegnisti di ricerca». Questo vuol dire che il decreto attuativo della riforma Madia apre le procedure per l’assunzione a tempo indeterminato non solo a coloro che hanno conseguito i requisiti in base a contratti a termine, ma anche a co.co.co ed assegnisti. La ragione è semplice ed in linea con una consolidata giurisprudenza lavoristica: il titolare di assegno di ricerca è connotato dal requisito della subordinazione viste le caratteristiche della sua prestazione lavorativa e la natura della retribuzione (rinviamo all’articolo su Scuola24 per approfondimenti).
Da anni ADI rivendica la trasformazione dell’assegno di ricerca in un contratto di tipo subordinato, e questa sentenza non fa che confermare la linea della nostra associazione. Il Governo stesso, tra l’altro, aveva adottato nel 2016 le stesse argomentazioni per difendere la rendicontabilità dell’assegno di ricerca in seno ai progetti di Horizon 2020. Siamo dunque felici che la sentenza del TAR del Lazio riconosca che non esistono ricercatori di serie B e che apra le porte ad una stabilizzazione inclusiva negli EPR e nella pubblica amministrazione.
Sottolineiamo però che il D.Lgs. 75/2017 non prevede alcuna forma di stabilizzazione per gli assegnisti di ricerca e i precari storici delle nostre Università. Una discriminazione palese, dal momento che il personale degli EPR e quello delle Università sono di fatto sovrapponibili quanto a lavoro e mansioni. Siamo soddisfatti per l’avvio delle stabilizzazioni negli EPR, che tuttavia necessitano dei fondi necessari per completarle e per aprire a procedure di reclutamento che assicurino il totale superamento del precariato, ma chiediamo che altrettanto avvenga nelle nostre Università.
È per questo che ADI e FLC-CGIL hanno lanciato la campagna #ricercatorideterminati: una proposta che mette insieme un piano pluriennale di reclutamento e stabilizzazioni nelle Università con una necessaria riforma del pre-ruolo universitario che metta fine al dantesco girone infernale del precariato con l’introduzione di una seria tenure track finalizzata all’immissione in ruolo, e che superi l’assegno di ricerca attraverso la creazione di un contratto post-doc di tipo subordinato.
La sentenza del TAR del Lazio non fa che darci ragione: nel mondo della ricerca non devono esistere lavoratori di serie B e questo - aggiungiamo noi - deve valere tanto negli EPR quanto nelle nostre Università.
Pubblicato Mar, 23/10/2018 - 17:36
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